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Recovery Fund: il settore strategico è rosa
Il Recovery Fund o Next Generation Ue è il piano europeo di finanziamento per il rilancio dell’economia post Covid19: all’Italia saranno destinati 209 miliardi di cui 82 a fondo perduto e 127 da restituire in dieci anni. L’Italia dovrà presentare, entro l’aprile 2021, il Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza con i progetti destinatari dei fondi in linea con le indicazioni definite dalla Commissione Europea.
Una delle priorità contenute nelle linee guida Ue è l’Uguaglianza, intesa come implementazione delle politiche di genere ovvero il bilanciamento della partecipazione delle donne in ambito socioeconomico. L’Italia, sulla base del GENDER EQUALITY INDEX 2020, può vantare una indiscussa ultima posizione: l’ultimo paese europeo per quanto riguarda l’uguaglianza di genere nel mondo del lavoro.
Secondo i dati raccolti per l’elaborazione dell’indice di uguaglianza di genere Ue, che utilizza ben 128 diversi indicatori nella valutazione del divario di genere nell’economia e nella società, il tasso di occupazione femminile in Italia nel 2019 è ancora molto basso (50,1%). Sul fronte della qualità del lavoro, inoltre, è in crescita la percentuale di donne che lavorano in part-time, involontario nel 60,8% dei casi. Al contempo, sebbene le donne laureate siano in percentuale decisamente superiore rispetto agli uomini, più di una donna su quattro è sovra-istruita rispetto al proprio impiego ed è particolarmente alta l’incidenza di lavori dipendenti precari, non qualificati e sottopagati. Analizzando poi nello specifico la partecipazione al mercato del lavoro delle donne nella fascia di età 25-49 anni si rileva un forte gap occupazionale (74,3%) tra le donne con figli in età prescolare e le donne senza figli, uno dei sintomi più evidenti delle difficoltà di conciliare vita lavorativa e vita professionale. Risulta evidente che per le donne in Italia il peso del lavoro non retribuito è determinante: il lavoro di cura delle donne rimpiazza a titolo gratuito il sistema di welfare statale e condiziona fortemente le scelte di una donna che spesso è disposta a rinunciare al proprio lavoro (per il 2019 le dimissioni volontarie coinvolgono le madri nel 73% dei casi) o accettare retribuzioni inferiori/posizioni precarie a fronte di “vantaggi” in termini di flessibilità e orari in affanno di conciliazione.
Questo il quadro che dipinge il 2019. Poi è arrivato il Covid19.
IN PRIMA LINEA
Durante la pandemia le donne sono state e sono protagoniste.
I 2/3 delle donne lavoratrici hanno continuato a prestare la propria opera nell’emergenza in settori strategici come la sanità, l’istruzione, i servizi, il commercio alimentare.
Sono le donne ad occupare il 62,1% delle professioni di prossimità, con punte tra tecnici e personale qualificato del settore sanitario (65,3%), esercenti e addette alla ristorazione (60,3%), esercenti e addette alle vendite (61,3%), professioni qualificate nei servizi personali ed estetici (77,4%) e tra il personale non qualificato addetto ai servizi domestici (88,5%). *Fonte: Fondazione Studi Consulenti del Lavoro – aprile 2020
La scheda di monitoraggio INAIL aggiornata al 30 novembre 2020 con i dati dei casi accertati di infezione da coronavirus in occasione di lavoro conferma gli ambiti di elevato rischio di contagio e rileva che per il 69,4% i contagiati sono donne, il 30,6% uomini.
IL CARICO DOMESTICO
Alla sovrarappresentazione femminile nella prima linea della gestione dell’emergenza ha fatto da contraltare l’aumento del carico domestico, con il lockdown e la chiusura delle scuole, che ha esasperato il ben noto divario tra donne e uomini nel lavoro di cura domestica dei figli e familiari.
LE PROFESSIONI DI SECOND’ORDINE
Le professioni in prima linea delle donne sono anche le professioni con gli stipendi più bassi e un alto tasso di precarietà e adesso, nei settori più colpiti dalle chiusure, sono le donne quelle che più rischiano di perdere il lavoro. Nella fase 2, è donna soltanto il 25,2% dei 4,4 milioni di lavoratori rientrati. Molte donne rischiano di restare del tutto fuori dal mercato del lavoro.
Ecco perché ora più che mai deve esserci un impegno a investire sulle donne.
Ma. Dalla prima bozza del PNRR presentata dal premier Conte a Camera e Senato, sembrerebbe che le protagoniste della crisi pandemica e il principio di Uguaglianza suggerito dalla Ue siano stati nuovamente sottovalutati.
Non possiamo perdere a priori la sfida per un cambiamento radicale e necessario: una iniezione di risorse nel sistema welfare che garantisca servizi di cura adeguati per la prima infanzia e gli anziani, la revisione dei congedi parentali, il diritto alla flessibilità oraria e una educazione alla responsabilità genitoriale condivisa per una reale conciliazione vita-lavoro; l’eliminazione della disparità salariale; gli incentivi all’assunzione; la sensibilizzazione per il superamento degli stereotipi di genere. Adesso, questo, è il momento per riequilibrare il sistema socioeconomico e un mercato del lavoro paritario è ricchezza.
“Investire per combattere l’inattività e il basso tasso di occupazione femminile è il più grande moltiplicatore di Pil possibile” ricorda il Giusto Mezzo, movimento composto da donne della società civile e associazioni di donne.
Ispirato all’iniziativa della europarlamentare tedesca Alexandra Geese che nel maggio 2020 ha lanciato la campagna #HalfofIt con la richiesta di destinare metà dei fondi Next Generation EU a politiche integrate di genere, il Giusto Mezzo aderisce con una petizione per non perdere di vista l’ottica di genere nella gestione del rilancio per l’Italia perché “È ormai chiaro che è necessario liberare il pieno potenziale produttivo del paese, fornendo servizi che svincolino la forza lavoro femminile.”
informati partecipa diffondi
*immagini tratte dalla campagna di comunicazione Hellas Network
Fatta-a-mano
mascherine anti-covid fatte con amore
Ci siamo. Ci siamo sempre state. Il nostro centro continua ad accogliere in sicurezza. Nell'incontro in presenza un volto significa tanto. Oggi, un sorriso arriva con gli occhi, con le parole, con un suono. Oggi, il nostro volto, come quello di tutti, è "mascherato" e abbiamo pensato di personalizzare la protezione delle operatrici volontarie affidando la creazione delle mascherine anti-covid, per l'uso in sede, a una donna assistita dal centro. Una donna, come tante altre, che persegue con tenacia il suo cammino di uscita dalla violenza e di autorealizzazione in tutti i modi. ANCHE ingegnandosi nella sartoria.
Diario della R-esistenza
UNO SPAZIO DI CONDIVISIONE
Leggi il nostro Diario!
paola
Un quaderno di scuola ripescato dalla soffitta. Classe I Media. Anno 1978.
Cosa intendi per violenza?
Cosa ne pensi della violenza?
Secondo te la nostra società è violenta? Sotto quali aspetti?
Pensi che alle volte la violenza sia necessaria?
Quali fattori pensi che avviino i giovani alla violenza?
Ritieni che anche la pubblicità sia una forma di violenza psicologica? Perché?
La donna, che tipo di violenza pensi che subisca nella nostra società?
Domande importanti per un-a dodicenne… E perfettamente in linea con i tempi. Tempi di lotta. Il 1978 è un anno di terrorismo ma è anche un anno cruciale per il movimento delle donne e di conquista di diritti civili con l’approvazione della legge sull’aborto.
Ti invito a fare un esercizio! Rispondi alle domande del quaderno.
erica
Quando il gioco si fa duro, i duri iniziano a giocare… Così ragiona l’Italia. Il gioco è indubbiamente duro, la pandemia sconvolge profondamente gli assetti socioeconomici e le vite di tutti e tutte … ma i duri chiamati a scendere in campo sono i veri duri, quelli con le palle: gli uomini.
La gestione dello stato emergenziale è stata affidata, inizialmente a un comitato tecnico-scientifico composto da 20 uomini su 20 e, ad oggi, la task force governativa di Colao eccelle con 4 donne su 17 uomini: meglio di niente ma trattasi comunque di una rappresentanza decisamente iniqua per garantire una visione comprensiva di tutte le istanze sociali.
Le misure a sostegno della genitorialità parlano da sole: è evidente che sono state pensate da uomini, da quel genere di uomini convinti di poter fondare la ricostruzione del sistema di welfare sul lavoro a costo zero delle donne, il così detto lavoro di cura.
La sospensione dei servizi educativi non può risolversi con un congedo di 15 giorni che si è dovuto miracolosamente giostrare dal 5 marzo al 3 maggio in attesa del fatidico “decreto di Aprile” o con un ostico bonus baby sitting di 600 euro che, facendo un calcolo approssimativo sulla base di una paga oraria media di 12euro e volendo coprire almeno 4 ore al giorno, potrebbe valere per una decina di giorni…
E’ chiaro che le donne sono chiamate a fare i salti mortali perché oltre a sostenere la prima linea come infermiere, dottoresse, ricercatrici, farmaciste, operaie e impiegate dei settori essenziali sono anche madri. E, in Italia, chi si occupa dei figli? Il sistema welfare in Italia funziona così: chiudono le scuole, i servizi di conciliazione sono da sempre pressoché inesistenti ma, nessuna paura, ci sono le donne!
Gli strumenti anticrisi e gli scenari di prossima riemersione dall’emergenza sono stati pensati sulla base di un contesto sociale che assegna naturalmente alla madre lavoratrice il compito di cura familiare senza considerare quindi le possibili ricadute sulla tenuta di partecipazione femminile al mercato del lavoro. Se nella fase di ripresa ci si vedrà costretti a sacrificare il lavoro a sostegno della cura dei figli, è meglio che sia la donna a farlo, quella più portata … La madre lavoratrice inoltre è considerata “meno rilevante” sul piano della partecipazione al bilancio familiare perché spesso, a parità di mansione, ha una retribuzione più bassa. Non è da escludere quindi che negli scenari futuri il mercato del lavoro possa risentire di una effettiva riduzione della componente femminile e questo non è un grande passo avanti per l’umanità …
E’ invece auspicabile compiere un piccolo passo proprio adesso ed esigere una adeguata composizione dei centri decisionali in modo da rappresentare le istanze, le esigenze, le visioni delle donne, delle lavoratrici, delle madri per un futuro più giusto.
Sosteniamo la petizione di #Datecivoce
Tutti noi, nel corso della nostra esistenza, ci troviamo ad affrontare momenti di crisi.
La parola CRISI significa FRATTURA.
Significa, cioè, che un equilibrio che si è mantenuto nella nostra vita, per varie ragioni, si sta sgretolando e trasformando in una condizione nuova e forse potenzialmente più funzionale per noi.
Significa che magari non stiamo più bene in certe situazioni o con certe persone, che vogliamo e abbiamo bisogno di qualcosa di diverso, e che magari ne siamo pure consapevoli, ma….. fatichiamo ad accettarlo.
Accettare che qualcosa nella nostra vita stia cambiando è sempre molto difficile, anche se dentro di noi sentiamo che quel qualcosa non è più sintonico con i nostri bisogni, i nostri desideri, il nostro modo di essere.
Allora attiviamo una lunga resistenza contro il cambiamento, che viene visto come un nemico, e inneschiamo una serie di meccanismi di difesa per tentare di contrastare una forza che, nonostante tutti i nostri sforzi (scusate il gioco di parole), è già in corso e non si può fermare.
Per questo spesso le crisi sono lunghe e dolorose, perché la nostra resistenza amplifica inutilmente i loro effetti.
Il filosofo romano Seneca scrisse: “Ducunt volentem fata, nolentem trahunt”, cioè il fato conduce dolcemente chi si lascia guidare, e trascina chi gli resiste.
Quando stiamo male, noi sentiamo e vediamo solo il dolore, siamo concentrati esclusivamente su quello, ma non comprendiamo che il nostro malessere nasce sempre per dirci qualcosa, qualcosa su di noi e sul momento che stiamo vivendo.
E a volte, siccome non ascoltiamo, il dolore deve alzare il volume della voce e urlare.
Le crisi fanno paura, ci fanno soffrire, ma spesso sono il preludio di un cambiamento importante, anzi, mi permetto di dire che nessun cambiamento autenticamente significativo nella nostra vita avvenga senza una crisi che lo preceda…
Dal BLOG della Dott.ssa Nadia Mortara
rita
Costretta tra le mura domestiche in questo periodo difficile e surreale, ho più tempo per pensare, faccio attenzione alle cose in modo più consapevole, senza fretta mettendoci tutto il tempo necessario, colgo sfumature e……
…..“Il mio ragazzo è su quel gruppo Telegram, ha detto che non ci avrebbe mai più mandato niente, è successo solo una volta, la volta in cui ho scoperto delle mie foto, per lui era come su YouPorn…”
Se un uomo non è disposto a rinunciare alla pornografia, se usa l’intimità di coppia per diffondere in rete le immagini di nudo della propria partner, non merita il tuo tempo.
Da donna che sta dalla parte delle donne una risposta ce l’ho limpida e cristallina: LASCIALO.
E’ doloroso ma è doloroso anche sapere che il tuo compagno non ha rispetto per te e per le altre donne, che sono solo pezzi di carne per lui, perfettamente intercambiabili e sfregiabili.
Mia cara non sei sola, ma se sceglierai una relazione con un frequentatore di Revenge Porn, ti sentirai più sola che mai.
I femminismi sono un paio di occhiali sul mondo, pesantissimi da portare, siamo però in tante a dividerne il peso, NON SEI SOLA.
Questo tempo di Covid19, ci permette di ridisegnare il nostro futuro, di immaginarlo programmandolo libero da ogni tipo di violenza sulle donne.
erica
Già dire donna è dire casa. L’etimologia è latina.
Domina – Domus – Donna
Dominus – Domus -Donno (ebbene sì, uomo, rimane in uso la forma contratta di don in spagnolo)
Nell’antica Roma il padrone di casa (dominus) e sua moglie (domina) avevano potere indiscusso su tutto ciò che era di loro proprietà nella domus, schiavi inclusi. Dominus e Domina dominano la casa. Sembrerebbe una condizione paritaria. Ma. La padrona di casa domina solo perché moglie del padrone di casa. É una definizione in relazione all’uomo, in subordine. Peccato poi che il padrone di casa padroneggi non solo in casa ma anche fuori di casa, ha un ruolo pubblico, ha un posto nel mondo.
Questa casa…: si è storicamente rivelata una scelta perfetta in termini di controllo sulla donna, di confinamento nell’ambito del privato, di esilio dal mondo che c’è là fuori e che è lo scenario della piena realizzazione del sé…
Questa casa…: certo, ce ne è voluto di tempo per riuscire ad uscirne. E cominciare a trovare un posto nel mondo. Libere.
Oggi la casa è ancora il luogo del privato. E, più che sentirci padrone di casa, sentiamo il bisogno di avere un luogo speciale, un riparo, un nido, un luogo protetto, un posto dove ci si sente liberi di cucinare in mutande, di fare la doccia con la porta aperta del bagno, di piangere guardando la serie in voga, di mettere una parrucca per videochiamare gli amici, di dormire con un peluche, di amare…
Eppure là dentro, in quel luogo del privato, in quel luogo dell’intimità, lontano dagli occhi di tutti ovvero se ci sono testimoni sono dei bambini, là, dentro molte case, c’è violenza.
Là dentro le relazioni si spogliano, si mostrano per quello che realmente sono: la relazione positiva con-vive mentre la relazione sbagliata scoppia. E se scoppiasse e basta, sarebbe un cambiamento e i cambiamenti si accettano: la violenza è invece inaccettabile. Penso questo. Sono tempi difficili. Siamo chiamati a resistere a un evento epocale, questo Sir. Covid19 è già nella storia. Siamo chiamati anche a ripensare il presente e pensare al futuro. E mi chiedo, tra le tante cose, che relazioni vogliamo per il futuro?
angela
In questo periodo di isolamento, mi sono soffermata a riflettere su questa affermazione che mi ha molto colpito ascoltando la tv.
I tratti preziozi delle donne …
Cosa sono? Beh ecco non so esattamente che forma o dimensione abbiano, ma per me sono le braccia aperte “tanto così” per dimostrare la grandezza dell’amore senza condizioni, gli occhi e la bocca “a parentesi tonda” che spiegano la potenza di un sorriso che contagia tutti e infine, ma non meno importante, i pugni stretti della determinazione per contrapporsi alla paura.
Questi. Sono i miei tratti preziosi.
paola
Ho il cielo sopra la testa
ecco la libertà
sento,
il respiro è leggero, lo sguardo corre,
il dolore scarnifica,
entra dentro
ho la terra sotto i piedi
ecco la libertà
penso, l’amore dei figli al sicuro
nella mia maternità ora fisica e accudente
dono a loro la speranza, la faccio mia
il mio cuore batte
ecco la libertà, credo e vedo
lo slancio e il coraggio di vivere con i colori
della dignità incondizionata
pur isolate nelle mura, pur maltrattate e violate
ecco la libertà
che cresce e riempie.